Il sonno è uno stato di riposo contrapposto alla veglia, caratterizzato dal distacco temporaneo della coscienza e della volontà, dal rallentamento delle funzioni neurovegetative e dall’interruzione parziale dei rapporti sensomotori del soggetto con l’ambiente, indispensabile per il ristoro dell’organismo. Come la veglia, il sonno è un processo fisiologico attivo che coinvolge l’interazione di più componenti del sistema nervoso centrale e autonomo. Infatti, benché il sonno sia appaia come uno stato di quiete assoluta, durante le sue fasi avvengono complessi cambiamenti a livello cerebrale che non possono essere spiegati solo come un semplice stato di riposo fisico e psichico.
Il sonno è presente in tutti gli animali e nell’uomo assolve ad alcune importanti funzioni quali consentire la riparazione all’interno di ciascun neurone dei danni al DNA che si accumulano durante la veglia ed evitare anche sovraccarichi energetici inutili da parte delle cellule nervose, consentendo un significativo risparmio di energia da parte dell’organismo; infatti, le ricerche hanno dimostrato che il sonno fa affievolire le connessioni tra le cellule nervose, un effetto che appare paradossale, se si considera che il rafforzamento delle connessioni neurali, nello stato di veglia, contribuisce all’apprendimento e alla memoria, ma che invece risulta essere fondamentale per il potenziamento di funzioni cognitive quali apprendimento, concentrazione e attenzione, e sulla capacità di partecipare attivamente alla vita sociale. Inoltre, il sonno influisce sul mantenimento dell’equilibrio psico-emotivo di un individuo, stabilizzando il tono dell’umore, allentando le tensioni e riducendo i livelli di ansia e di stress.
Anche se gli studiosi hanno stabilito il criterio che per la popolazione adulta sono raccomandate tra le 7 e le 9 ore di sonno per notte, di fatto non è semplice stabilire con esattezza quanto sia il tempo di sonno necessario affinché un individuo possa beneficiare degli effetti positivi del sonno, a meno che non si prendano in considerazione alcune sue caratteristiche biologiche, psicologiche e sociali. Sul piano biologico, per esempio, si sa che esistono persone che necessitano di un periodo di sonno più lungo (oltre 9 ore) – i cosiddetti lungo-dormienti (il 2% dei maschi e l’1,5% delle femmine adulte) – e persone a cui bastano meno di 6 ore per notte – i cosiddetti brevi-dormienti (circa il 4% della popolazione adulta) – senza che manifestino alcuna disfunzione al risveglio e durante la giornata. Questa differenza sembra essere determinata da una mutazione in alcuni dei geni deputati al controllo dell’orologio biologico. Inoltre, sul piano ambientale (illuminazione) e psicologico (impegno mentale intenso per studio o lavoro) ci possono essere condizioni in grado di modificare il ritmo sonno-veglia naturale, senza però produrre grandi ripercussioni sullo stato di benessere individuale.
Grazie al crescente interesse nei confronti del sonno e allo sviluppo di tecniche sempre più sofisticate per il suo studio, gli esperti hanno potuto individuare e trattare un numero sempre crescente di pazienti che presentano disturbi del sonno. Tutti i disturbi, indipendentemente dal sistema di classificazione utilizzato, possono essere inquadrati in quattro grandi categorie:
1. disturbi del ritmo sonno-veglia (ad es., lavoratori che fanno i turni o esposti al jet-lag)
2. dissonnìe (ad es., insonnie e ipersonnìe)
3. parasonnìe (ad es., incubi, sonnambulismo)
4. disturbi secondari ad altre patologie sia mediche che psichiatriche.
L’insonnia è il disturbo di gran lunga più diffuso (oltre il 20% della popolazione generale, con una maggiore presenza tra le donne e nell’età avanzata) ed è caratterizzato da difficoltà di inizio, durata, mantenimento e/o qualità del sonno, che si ripetono nel tempo. Il disturbo si presenta nonostante l’opportunità di ottenere condizioni e quantità adeguate di sonno e determina una serie di conseguenze negative durante il giorno. L’insonnia può essere momentanea o persistente; la prima è caratterizzata da sonno non soddisfacente, legato a fattori esterni temporanei (ad esempio, presenza di una sofferenza fisica o psichica acuta) di durata limitata nel tempo (< 3 mesi); la seconda è presente in persone affette da patologie organiche e psichiatriche o che fanno abuso di sostanze, che presentano i sintomi tipici dell’insonnia per almeno 3 giorni a settimana e da almeno 3 mesi.
L’insonnia è caratterizzata da sintomi notturni e diurni; i primi comprendono:
• difficoltà di inizio e/o mantenimento del sonno,
• sonno leggero e non ristorativo.
mentre i secondi comprendono:
• sonnolenza,
• difficoltà di concentrazione,
• cattivo umore,
• irritabilità,
• difficoltà in ambito sociale/occupazionale.
Un’altra utile classificazione dell’insonnia può essere fatta in base al momento della sua comparsa durante la notte; per questo motivo può essere classificata come:
• iniziale (significativa difficoltà nell’addormentamento con un tempo maggiore a 30 minuti);
• centrale (risveglio prolungato o frequenti risvegli nel corso della notte);
• terminale (risveglio mattutino significativamente precoce).
Da questo punto di vista si riscontrano differenze rispetto all’età: mentre le persone giovani o di mezza età hanno prevalentemente difficoltà a prendere sonno, le persone più anziane riportano con maggiore frequenza risvegli notturni, risvegli precoci al mattino ed un sonno non ristoratore.
Gli eventi stressanti possono influire sulla qualità del sonno e in alcuni casi determinare un quadro stabile di insonnia. Questo disturbo, infatti, si può presentare come disturbo reattivo a specifiche situazioni psicosociali quali ad esempio un lavoro poco remunerativo o insoddisfacente, la preoccupazione per la salute di un familiare o anche relazionali conflittuali. Ad influire sulla qualità del sonno non è tanto la frequenza con cui si verificano gli eventi stressanti, quanto piuttosto la risposta del soggetto agli accadimenti. Non è infrequente che chi ha sviluppato un’insonnia a seguito di un evento fortemente stressante, continui a presentare il disturbo anche dopo il termine dell’esposizione allo stress, ciò perché interviene un condizionamento che investe tanto gli stimoli interni quanto quelli ambientali. I pensieri e gli stati mentali presenti durante la fase acuta dello stress, ma anche la camera da letto, le abitudini serali e i rituali che si svolgono prima di coricarsi in breve tempo si associano allo stato d’insonnia. Contrariamente a quanto avviene per i normodormienti, che associano le abitudini pre-sonno e le caratteristiche della stanza in cui dormono ad uno stato di rilassamento, che rende possibile prendere sonno, chi fatica a dormire tende ad associare lo stare a letto con il rimanere svegli e il non riposare. A causa di questi fattori di condizionamento cognitivi e comportamentali, spesso l’insonnia acuta (dovuta ad un particolare periodo o evento) si trasforma gradualmente in insonnia cronica.
Molte delle nostre abitudini quotidiane possono contribuire a disturbare il sonno. Una convinzione piuttosto diffusa indica che il consumo di bevande alcoliche prima di coricarsi favorisce il sonno, ma in diversi studi è stato confermato invece che l’alcol può causare insonnia. Anche l’utilizzo continuativo dello smartphone costituisce un fattore di rischio per l’insonnia. Gli schermi illuminati di molti apparecchi elettronici, infatti, emettono luce a breve lunghezza d’onda (le cosiddette onde blu) che ha un forte impatto sulla sonnolenza diurna, poiché ritarda il rilascio della melatonina, rendendo così più difficile l’addormentamento serale.
Nel lungo termine, gli effetti cumulativi del sonno disturbato e della perdita di sonno stesso si associano ad un ampio spettro di conseguenze negative per la salute dell’individuo, tra queste le più frequenti ed importanti sono:
• l’ipertensione,
• il diabete,
• l’obesità,
• la depressione,
• l’infarto o l’ictus.
Secondo alcuni studi recenti la terapia cognitivo-comportamentale è più efficace e duratura rispetto ai sonniferi ampiamente utilizzati nel ridurre l’insonnia. La terapia cognitivo-comportamentale, insegna alle persone come riconoscere e modificare alcuni pensieri e comportamenti che favoriscono l’insonnia. Recentemente questo tipo di terapia ha dimostrato di essere molto efficace nello sconfiggere l’insonnia e far tornare le persone a dormire serenamente.