L’ipocondria, ovvero la paura delle malattie, è caratterizzata da un’erronea interpretazione da parte delle persone che ne soffrono di segnali corporei normali (ad esempio il battito cardiaco, la peristalsi intestinale o la sudorazione), così come di alterazioni fisiche lievi (ad esempio un raffreddore o la tosse), che vengono interpretati come veri e propri sintomi attribuibili ad una malattia grave; l’interpretazione viene fornita in assenza di specifica valutazione medica che abbia potuto fornire qualche valido motivo per giustificarne i timori.
Chi soffre di ipocondria non ha convinzioni esagerate tali da poter essere classificate come deliri, anzi spesso la persona ipocondriaca quando fa valere la propria razionalità riconosce che i suoi timori sono esagerati e che probabilmente non vi è alcuna malattia di cui preoccuparsi. Ciononostante, le risorse mentali di queste persone sono incessantemente rivolte a scannerizzare le sensazioni corporee e i segnali provenienti dal corpo e a generare ipotesi catastrofiche circa la loro origine. La persona ipocondriaca fa fatica a pensare ad altro e ad evitare di dare importanza alle ipotesi di malattia che genera e spende moltissimo tempo a navigare in Internet o a consultare testi e materiale informativo alla ricerca di maggiori prove che corroborino le proprie ipotesi.
Gli ipocondriaci effettuano frequentemente indagini diagnostiche e visite mediche, ma l’esito favorevole di queste non ce la fa a ridurre, se non per periodi brevissimi, la loro preoccupazione e non riesce a rassicurarli in maniera definitiva. Spesso, infatti, queste persone nutrono la ferma convinzione che i medici con cui entrano in contatto non siano in grado di comprendere la natura dei loro problemi, e perciò non possono neanche fornire la giusta soluzione.
I disagi che vivono queste persone non provengono dai segnali corporei in sé, quanto piuttosto dall’ansia derivante dal senso, significato o causa che gli attribuiscono.
Le relazioni sociali risentono molto del comportamento del paziente che si aspetta considerazione e trattamenti speciali da parte degli altri. Anche in famiglia si creano tensioni, poiché quasi tutte le interazioni finiscono per ruotare intorno al suo benessere fisico. Possono non esserci effetti sul funzionamento lavorativo dell’individuo, a patto che il paziente riesca a limitare l’espressione delle sue preoccupazioni al di fuori dell’ambiente lavorativo. Tuttavia, spesso le preoccupazioni interferiscono con la prestazione e portano a ripetute assenze dal lavoro.
Difficilmente il paziente ipocondriaco riconosce la natura psicologica del suo disturbo e persevera nel cercare una spiegazione medica al suo disagio. Il timore di sviluppare una patologia medica rivela pertanto un grande senso di vulnerabilità, che di solito costituisce il target delle psicoterapia.
Riguardo ai possibili fattori causali dell’ipocondria, è stato ipotizzato che malattie vissute direttamente dal paziente durante l’infanzia, o esperienze indirette di malattia vissute da uno dei membri della famiglia siano associate al manifestarsi dei sintomi ipocondriaci. E’ stato anche visto che molto spesso le persone ipocondriache possiedono un’immagine di sé caratterizzata dall’assunto di fondo di essere fragili, vulnerabili, deboli e con ridotte difese immunitarie. L’assunto trae origine dalle relazioni instauratasi nella prima infanzia con le figure di accudimento più significative: spesso, infatti, la figura d’attaccamento rispecchia fedelmente tale immagine di debolezza. Inoltre, l’ipocondria si accompagna spesso alla paura della morte, una paura antica e condivisa dall’intera umanità che il paziente proverebbe a controllare attraverso continui esami medici tesi a rassicurarsi e ad allontanare le fantasie concernenti la propria morte.
La cura
La forma di terapia che la ricerca scientifica ha dimostrato essere più efficace per l’ipocondria è la terapia Cognitivo-comportamentale. Questo tipo di psicoterapia coinvolge attivamente il paziente nella risoluzione del disturbo e si concentra sull’apprendimento di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali.
Una componente molto importante della terapia è quella psicoeducativa, che è volta a fornire informazioni e delucidazioni rispetto all’ipocondria. In seguito, il paziente è invitato a indagare quali meccanismi o situazioni attivano la sua ansia. Inoltre, vengono illustrate tutte quelle strategie comportamentali che aiutano il paziente a confrontarsi passo dopo passo con la situazione temuta, fino a far perdere a quest’ultima la sfumatura angosciante che spinge il soggetto ad evitarla.
Tra i meccanismi cognitivi che contribuiscono al mantenimento del disturbo bisogna citare l’attenzione selettiva, attraverso la quale il soggetto rivolge il suo sguardo al proprio corpo e alle sensazioni somatiche. Un altro meccanismo è rappresentato dal cosiddetto ragionamento disfunzionale. Il paziente, infatti, tende a svalutare l’importanza e veridicità dei risultati medici ottenuti, ad astrarre selettivamente informazioni (tralasciandone altre) sui sintomi che sta provando, accentuandone il significato. A livello, comportamentale, inoltre, l’ipocondriaco tende ad evitare quelle situazioni che possono esporlo a contrarre le malattie. Facendo ciò, tuttavia, egli si preclude la possibilità di smentire il significato precedentemente attribuito ai sintomi, mantenendo di fatto il disturbo.